Gliomi ad alto grado di malignità
I gliomi di alto grado sono secondo la classificazione WHO di III e di IV grado e comprendono sia gli istotipi astrocitari/oligodendrogliali che i NET e gli ependimomi. In particolare il glioblastoma multiforme (WHO IV) e l’astrocitoma anaplastico (WHO III) rappresentano insieme circa il 30% delle neoplasie cerebrali primitive e il 60% dei gliomi. Il glioblastoma viene classificato in de novo in presenza di mancata identificazione di una neoplasia gliale che funga da precursore, e secondari se trattasi di evoluzione maligna di un glioma di II grado. Quello che tuttavia potrebbe sembrare solo un bias osservazionale legato alla mancata diagnosi di un glioma di basso grado precursore o a una sua indolente evoluzione è in contrasto con la presenza di rilevanti differenze biomolecolari e genetiche nei due tipi di glioblastoma senza differenze istopatologiche. La trasformazione maligna rispetto ai gliomi di basso grado contempla la perdita di eterozigosi del cromosoma 10 e l’attivazione della proteina TP53 con blocco dell’apoptosi cellulare. Viceversa, l’amplificazione dell’EGF (epidermal growth factor) che agisce sul controllo della replicazione cellulare è presente nei gliomi de novo ed è spesso assente nei secondari.
La sopravvivenza media dell’astrocitoma anaplastico dalla prima diagnosi è di 4 anni e del glioblastoma di 14-18 mesi. Questo istotipo di glioma
maligno, pur essendo il più frequente, è il tumore cerebrale nei confronti del quale sono stati ottenuti i risultati oncologici più deludenti dato che la
sopravvivenza media si è di poco modificata rispetto agli anni ’20.
Radiologicamente i gliomi di alto grado appaiono sia in TC che in RM come lesioni edemigene, irregolari cortico-sottocorticali captanti disomogeneamente mezzo di contrasto ed esprimenti un importante effetto massa. Le tecniche di RM-DWI (diffusion weighted imaging) che descrivono la diffusione libera di molecole d’acqua permettono di differenziare tali tumori e le metastasi cerebrali (che possono condividere aspetti cistici con captazione di mezzo di contrasto a cercine) da lesioni ascessuali.
Metastasi cerebrali
Le metastasi cerebrali si osservano nel 20-40% dei pazienti affetti da tumore e sono sintomatiche nel 60-75% dei casi. Le metastasi cerebrali sono diagnosticate più spesso in pazienti con neoplasia nota (presentazione metacrona nel 50% dei casi), meno frequentemente (fino al 30%) contemporaneamente alla diagnosi del tumore primitivo (presentazione sincrona) o prima della sua scoperta (presentazione precoce nel 20% dei casi). I sintomi di esordio più comuni sono: cefalea (40-50%), deficit neurologici focali (30-40%) e crisi epilettiche (15-20%). Una minoranza di pazienti presenta un esordio acuto (strokelike), in genere legato a un’emorragia intratumorale (più spesso nelle lesioni da melanoma, coriocarcinoma e carcinoma renale). I tumori primitivi che più frequentemente danno metastasi cerebrali sono in ordine: i tumori polmonari, mammari e i melanomi. Meno frequente è l’origine sottodiaframmatica del tumore primitivo.
L’80% delle lesioni si verifica negli emisferi cerebrali, il 15% nel cervelletto e il 5% nel tronco encefalico. Approssimativamente l’80% dei pazienti ha una storia di cancro sistemico e il 70% presenta metastasi cerebrali multiple.
Radiologicamente le metastasi appaiono come lesioni corticosottocorticali generalmente più regolari rispetto a un glioblastoma e captanti mezzo di contrasto a cercine.
Importante sottolineare la tendenza a determinare un’imponente reazione edemigena di tipo vasogenico rispetto al volume del tumore. Le metastasi cerebrali, pur essendo lesioni intra-assiali, dato il loro sviluppo all’interno del parenchima, non contengono elementi cellulari parenchimali e pertanto si comportano come un corpo estraneo con relativa reazione infiammatoria.
RADIOCHIRURGIA STEREOTASSICA
La radiochirurgia stereotassica è stata introdotta, circa 50 anni fa, dal neurochirurgo svedese Leksell. È una modalità di trattamento dei tumori (ma anche di malformazioni vascolari) tramite irradiazione, con sistemi di planning 3D computerizzati, che viene integrata nel piano terapeutico neurochirurgico come alternativa alla chirurgia stessa quando il rischio chirurgico di danno funzionale è elevato (per esempio, schwannomi di piccole dimensioni, metastasi cerebrali multiple) o come strumento sinergico (per esempio, tendenza accrescitiva di residui di meningiomi della base in asportazioni subtotali). La tecnica di radiochirurgia stereotassica permette di indirizzare attraverso corridoi anatomici che rispettano strutture essenziali e in una singola frazione (da cui il termine radio-“chirurgia”) una dose elevata di radiazioni ionizzanti direttamente sul bersaglio (si ricorda che esiste anche la radioterapia stereotassica frazionata `{`FSR`}` applicata in 2-3 sedute). La radiochirurgia ha lo scopo di limitare il danno ai tessuti limitrofi. Esiste un limite dimensionale delle lesioni trattabili (≤3 cm di diametro) che l’evoluzione tecnologica sta progressivamente superando. L’apparecchio più utilizzato è il Gamma Knife, cioè un bisturi a raggi gamma. Oltre al Gamma Knife è disponibile anche un sistema che avvalendosi di un acceleratore lineare impiega un apparecchio di collimazione multilamellare dinamico, mentre le più recenti evoluzioni hanno introdotto la radioterapia robotica con Cyber Knife. La stessa radiochirurgia, per quanto apparentemente meno invasiva della chirurgia a cielo aperto, può essere tuttavia gravata da complicanze legate alla radionecrosi dei tessuti adiacenti al volume bersaglio.
Meningiomi
Questo tumore prende origine dalle cellule dell’aracnoide, uno dei tre rivestimenti meningei del sistema nervoso centrale. Il meningioma è un tumore extraassiale, ovvero occupa spazio all’interno della scatola cranica o del canale della colonna vertebrale, ma non invade il tessuto nervoso che viene però dislocato e compresso dalla massa in crescita. Sono tumori a lento accrescimento. Il meningioma è un tumore frequente e rappresenta circa il 20% dei tumori cerebrali. È più rappresentato nel sesso femminile. È un tumore dell’età adulta, con un picco di incidenza attorno ai 45 anni. Solo l’1,5% si presenta in età pediatrica nella neurofibromatosi di tipo I.
Le sedi più frequenti sono: parasagittali (20,8%), convessità (15,2%), parasellari (12,8%), ala sfenoidale (11,9%), pavimento olfattorio (9,8%) e falce (8%). Nell’8% dei casi sono multipli, spesso in associazione a una neurofibromatosi di tipo II. Possono determinare una reazione iperostosante e presentare calcificazioni al proprio interno. Gli istotipi più frequenti sono il meningoteliomatoso, il fibroso e il transizionale. L’1,7% dei meningiomi è di natura maligna e più frequente nei pazienti giovani. Un istotipo potenzialmente precursore di una evoluzione maligna è il meningioma atipico.
Radiologicamente la RM con sequenze T1 con gadolinio, T2 (con esaltazione del segnale liquorale) e la TC sono gli esami di scelta per valutare il rapporto tra tumore e parenchima (eventuale piano di clivaggio) e il coinvolgimento delle strutture ossee adiacenti. L’esecuzione di uno studio vascolare (angioRM, angio-TC o angiografia digitale) si può rendere necessario per valutare la pervietà di strutture vascolari venose (meningiomi parasagittali) o la sede rispetto al meningioma di quelle arteriose (circolo di Willis nei meningiomi parasellari: dislocazione/distorsione/encasement) per il planning chirurgico.
PRINCIPI DI TRATTAMENTO
I principi di trattamento dei tumori cerebrali variano a seconda dell’istotipo in funzione della sede e dell’età e delle condizioni generali del paziente.
Il primo approccio è la valutazione della possibilità di una asportazione chirurgica che deve essere il più radicale possibile. Tuttavia il criterio di radicalità oncologica (margini resettivi liberi da tumore) a livello del sistema nervoso non è sempre attuabile per le gravi conseguenze funzionali che ne deriverebbero.
Lo scopo della chirurgia è solitamente duplice: riduzione dell’effetto massa del tumore sulle strutture circostanti con controllo della sintomatologia da ipertensione endocranica/focale/epilettica e diagnosi istopatologica.
A parte i gliomi classificati WHO I, nei restanti istotipi e gradi la resezione radicale di un glioma può essere tale solo dal punto di vista radiologico su RM con mezzo di contrasto eseguita entro 24-48 ore dall’intervento. Infatti la diffusione di cellule neoplastiche oltre la barriera tissutale edematosa è già presente. Data la frequente localizzazione dei gliomi in aree eloquenti, specialmente di gliomi a basso grado di malignità, la resezione di tali lesioni è spesso subtotale. Negli ultimi anni la chirurgia a paziente sveglio con un mappaggio cortico-sottocorticale elettrofisiologico delle funzioni sensitivo-motorie e cognitive ha permesso di rendere la chirurgia delle lesioni intra-assiali più sicura migliorando i risultati sia oncologici che funzionali. La sede eloquente e quindi la frequente subtotalità della resezione sono motivo di discussione circa l’impatto della chirurgia dei gliomi di grado II sulla sopravvivenza del paziente e sulla sua reale necessità. Così pure il ruolo della chemio e radioterapia nei gliomi di basso grado in associazione o meno alla chirurgia è molto contro-verso.
Viceversa, la resezione dei gliomi di alto grado è necessaria data la rapida crescita per poter garantire uno spazio chemio e radioterapeutico.
MAPPAGGIO DELLE FUNZIONI CEREBRALI
La chirurgia dei gliomi in area eloquente si avvale delle tecniche di mappaggio delle funzioni cerebrali durante interventi a paziente sveglio se vi è un interessamento delle aree cognitive, o a paziente addormentato ma non curarizzato se vi è un interessamento di aree
motorie. Questa tecnica prevede di risvegliare il paziente una volta esposta la corteccia cerebrale e di mappare le aree cognitive (linguaggio, calcolo, lettura ecc.) e/o motorie determinando delle interferenze elettriche a livello del network cortico-sottocorticale con
l’applicazione di una corrente bipolare. Il corollario clinico delle interferenze (per esempio, arresto del linguaggio, elicitazione di movimenti involontari vs attivazione subclinica di placche neuromuscolari visualizzabile con un monitoraggio EMG dell’emisoma controlaterale) implica un ruolo funzionale dell’area corticale o sottocorticale stimolata che permette di risparmiarla durante l’asportazione chirurgica.
Il trattamento delle metastasi cerebrali è condizionato alla stadiazione del tumore primitivo e dal margine terapeutico.
Il trattamento delle lesioni extra-assiali (meningiomi, schwannomi ecc.) si basa sul principio di massima radicalità chirurgica nel rispetto delle strutture vascolo-nervose dati il limitato coinvolgimento delle strutture parenchimali e il globale lento atteggiamento accrescitivo.
La chemioterapia ha un ruolo solo per le lesioni maligne. La radioterapia convenzionale o stereotassica è utilizzata come strumento di controllo della crescita di lesioni non aggredibili chirurgicamente o di residui tumorali non asportabili, con evidenza di crescita.
Nel complesso l’evoluzione di nuove tecniche di imaging pre e intraoperatorio e l’implementazione di tecniche di monitoraggio neurofisiologico renderanno sempre più sicura dal punto di vista della preservazione delle funzioni neurologiche e più radicale dal punto di vista dell’impatto neuro-oncologico la chirurgia dei tumori cerebrali.
La necessità di massimalizzare la resezione dei tumori intrinseci determinando il minor danno funzionale ha guidato nell’ultimo decennio lo sviluppo di tecnologie di imaging intraoperatorio atte al riconoscimento della lesione rispetto al tessuto sano con possibile fusione di immagini trattografiche e funzionali. Fra tutte la più importante è la neuronavigazione che permette di identificare sullo studio RMN/TC preoperatorio la localizzazione vistuale della neoplasia nei tre piani dello spazio che vengono interpolati con un sistema stereotassico di riferimento cartesiano nello spazio reale (il cranio del paziente fissato stabilmente al piano del tavolo operatorio). In tal modo è quindi possibile stabilire una corrispondenza millimetrica tra l’immagine di RMN visualizzata sull’apparecchiatura e la localizzazione esatta delle strutture cerebrali esposte chirurgicamente. Il suo limite, ovvero l’assenza di immagini real time dovuta alla navigazione su immagini preoperatorie e lo spostamento dei reperi anatomici che avviene all’apertura della dura madre, ha favorito la ricerca di tecnologie intraoperatorie che permettessero di fotografare la neoplasia e i suoi rapporti durante le fasi della resezione.
In particolare la RMN intraoperatoria offre una qualità di imaging eccellente a fronte tuttavia di ovvi costi sanitari elevati che ne precludono la diffusione e la standardizzazione dei centri neurochirurgici. Questo limite ha determinato lo sviluppo di una tecnica meno costosa e tradizionalmente utilizzata nella radiologia diagnostica convenzionale come l’ecografia. L’ecografia del parenchima cerebrale permette lo studio real time del tumore associato a possibili studi Doppler e contrastografici con qualità di immagine sempre più prossima a quelle della RMN grazie a una implementazione dei software e delle sonde in uso.